Progetto Mahler

Non è solo l’ultima sinfonia completata da Gustav Mahler, la Nona, ma rappresenta, più in generale, il culmine di un genere, quello sinfonico, storicamente imponente. Un sublime punto di non ritorno, di fatto. Si comprende, allora, come il Regio e Noseda abbiano scelto questa pagina per solennizzare l’apertura della nuova stagione di concerti: la Sinfonia n.9 di Mahler, eseguita per la prima volta postuma (nel 1912) a Vienna diretta da Bruno Walter, si addice, con la sua aura di leggenda, ad occasioni fuori dall’ordinario. Per l’occasione, il concerto sarà registrato live da foné, la casa discografica di Giulio Cesare Ricci che adotta tecnologie d’avanguardia per incisioni ad altissima definizione sia analogica sia digitale.
Dopo la sontuosa Seconda, con la quale Noseda inaugurò il cartellone 2015-16, dopo la Prima cui diede forma Luisotti un anno fa e la Quarta diretta da Marco Angius, ecco la nuova tappa del Progetto Mahler intrapreso dal Regio e finalizzato all’esecuzione integrale delle sinfonie del compositore boemo. Ha un senso, del resto, esplorare Mahler senza omettere alcun tassello del suo essenziale viaggio sinfonico, tanta è la consequenzialità che collega i nove capitoli (la Decima resterà solo abbozzata) del racconto. Eppure, a lungo, l’approccio italiano al repertorio mahleriano è rimasto episodico: si deve a Claudio Abbado, negli anni Settanta del secolo scorso, la prima ricognizione completa dedicata all’autore.
Come Beethoven, Dvořák e Bruckner, anche Mahler si fermò alla Nona: «È come se il numero nove – osservò Schoenberg – rappresentasse un limite, troppo vicino all’aldilà». Indubbiamente, l’ultima sinfonia di Mahler sfiora la dimensione celeste, senza ricorrere ai toni lugubri evocati, invece, nel quasi coevo Das Lied von der Erde. Il Finale, lento fino a dissolversi nel silenzio, segna l’epilogo di una vicenda umana tormentata, ma non più dolorosa. Troppo facile parlare di testamento spirituale. Per l’orchestra, la Sinfonia in re maggiore costituisce una significativa prova di maturità: il movimento iniziale, complesso ed articolato sotto il profilo strutturale, è, per dirla con Alban Berg, «la cosa più Splendida che Mahler abbia mai scritto». Al direttore il compito di conciliare l’impeto interpretativo, indotto per forza dalla scrittura, con il rigore oggettivo di una partitura in cui ogni colore e persino i vuoti assumono peso drammatico. Secondo Schoenberg, Mahler, nella Nona, non avrebbe agito in prima persona, ma quale strumento di una volontà superiore. In cielo, evidentemente, sanno scegliere…

Stefano Valanzuolo