All’uno e all’altro, probabilmente, non avrebbe fatto piacere trovarsi fianco a fianco nello stesso programma di concerto. Stiamo parlando, tra il serio e il faceto, di Richard Wagner e Robert Schumann, i due autori citati nella serata sinfonica che vedrà sul podio, alla testa dell’Orchestra del Teatro Regio, uno specialista assodato del repertorio tedesco (e wagneriano, soprattutto) quale Marek Janowski.
La storia racconta di come Robert e Clara Schumann, in una pagina di diario datata 1843, riferissero di aver provato un certo “fastidio” nell’assistere al Rienzi e di avere trovato “sgradevole” la presenza in teatro di in Wagner. Quest’ultimo, non noto certo per il carattere remissivo, così si esprimeva, a propria volta, a proposito del collega di poco più anziano: «La compagnia di Schumann non mi ha apportato alcuno stimolo intellettuale». Insomma, questione di (scarso) feeling.
L’ascoltatore del terzo millennio, al pari di quello del secondo, di tante beghe sepolte dall’oblio saprà fare a meno volentieri per godersi, naturalmente, la proposta assai allettante che viene dal Teatro Regio, arricchita dall’avallo di un interprete illustre. Marek Janowski, direttore artistico e musicale dell’Orchestra Sinfonica della Radio di Berlino per quindici anni (fino al 2016), è da sempre musicista votato a Wagner – come si diceva – con devozione e acume. A Bayreuth, terra di consacrazione per adepti, ha diretto la Tetralogia sia nel 2016 sia nel 2017 (ad agosto, last minute, gli è toccato anche Parsifal) e dello stesso cimento wagneriano Janowski ha voluto lasciare traccia importante su disco, grazie ad un’edizione storica (1981-83) in cui guida la nobile Staatskapelle di Dresda.
Richiesto dalle maggiori compagini sinfoniche al mondo, Janowski ha proposto a Berlino, nel corso degli anni e con la “sua” Rundfunk, tutti i grandi titoli wagneriani in forma di concerto: nel 2011, è stata la volta de I maestri cantori, ripreso per l’occasione al Regio con due citazioni sontuose. Anche il Siegfried-Idyll, nato come prezioso omaggio cameristico da parte di Wagner alla moglie Cosima, figura tra i pezzi prediletti da Janowski, nato a Varsavia e cresciuto artisticamente in Germania: venticinque anni fa, l’aveva inciso, tra l’altro, con la Philharmonique de Radio France.
Di fronte a tanta passione wagneriana, la Quarta di Schumann (pagina che, in realtà, fu scritta e completata dall’autore dopo la Prima) rischia di rimanere defilata. Ma così non è, tenuto conto del rapporto lungo e proficuo che tiene legato l’ospite di questo concerto al Regio con il repertorio specifico sin dagli anni Novanta e, più in generale, dell’autorevolezza dall’alto della quale Janowski, non da oggi, è in grado di dire la sua a proposito del grande linguaggio sinfonico di matrice tedesca. Wagner e Schumann se ne faranno una ragione e, da lassù, approveranno.
Stefano Valanzuolo