Coreografia storica datata 1965, allestimento recente molto italiano, ma approvato e “certificato” dalla Kenneth MacMillan Foundation, il Romeo e Giulietta che viene da Perm al Teatro Regio è una summa di molti elementi solleticanti per il pubblico.
Sebbene o proprio perché non noto a tutti come il Mariinskij o il Bol’šoj, il Teatro d’Opera e Balletto di Perm costituisce una realtà di grande caratura da scoprire per conoscere un unicum affascinante nell’universo del balletto russo. La capitale degli Urali alle porte della Siberia è da tanti anni e per molte contingenze amica di Tersicore e forse l’essere stata la città di Sergej e della famiglia Djagilev fino al 1890 ne ha indicato un destino.
A Perm vennero evacuati i ballerini del Kirov (“ex” e poi “di nuovo” Teatro Mariinskij di Leningrado-San Pietroburgo) durante la guerra, vivificando negli anni Quaranta il repertorio di un teatro di provincia dell’Impero Sovietico e lasciando poi sul territorio maestri di tecnica adamantina che, a conflitto terminato, fondarono un’accademia ancora oggi di primissimo piano.
Fatto sta che ai giorni nostri la città, oltre al “dovuto” museo Djagilev dedicato al padre dei Ballets Russes, ospita annualmente un festival e un concorso internazionali che sono un riferimento per la cultura russa e un Balletto dell’Opera ai massimi livelli, che vanta un repertorio ampio e libero. Qui si coniugano i capisaldi ottocenteschi con quelli sovietici, con lo Šostakovič ritrovato di Giustiziato con condizionale; qui si mette in risalto il Novecento di Michail Fokin e George Balanchine con quello “post classico” di Jiři Kylián e William Forsythe. Senza contare le nuove collaborazioni internazionali – fra gli italiani con Luca Veggetti – che stanno in cartellone accanto alle rivisitazioni del direttore Aleksej Mirošničenko: sua è la nuova versione di Cenerentola, ambientata in una Mosca anni Cinquanta ammorbata dal Kgb.

Conoscitore della Russia e dell’Occidente, creatura del Mariinskij con “frenquentazioni” del New York City Ballet, Mirošničenko si è sentito, fra le tante mises en danse di Romeo e Giulietta, di scegliere quella di MacMillan su musica di Sergej Prokof’ev che possiamo trovare al Covent Garden come alla Scala. Quella coreografia che alla première del 1965 valse quaranta minuti di applausi al Rudol’f Nureev-Montecchi e alla Margot Fonteyn-Capuleti e che una Alessandra Ferri, forte di tecnica e commovente di slancio adolescenziale, intensificherà poi di sfumature.
Certo i “temi sgradevoli” che prediligeva l’autore scozzese, esasperato dal fairplay britannico e dalle storie fiabesche del balletto, oggi non sorprendono nessuno, ma ancora si apprezza la profondità di MacMillan nel penetrare la sofferenza, il dolore e l’ingiustizia del mondo che risalta anche nella sua versione della tragedia sheakespeariana.
Senza dimenticare che il Romeo e Giulietta del Balletto di Perm è pregevole per l’allestimento che segue l’imprinting stilistico e tecnico di Kenneth MacMillan, Gary Harris e Karl Burnett Ballet masters e producers. Le scene e i costumi brillanti che il binomio notevole Mauro Carosi – Odette Nicoletti hanno disegnato nel 2009 per la Compagnia di Mirošničenko ci trasporta in un Medioevo senza tempo disseminato però di puntuali indizi di una Verona riconoscibile a chi sappia del suo Teatro romano e del vero balcone del mito.
Riuscirà facile godere di un balletto che lo stesso Sergej Ejzenštejn, partner di Prokof’ev per l’Aleksandr Nevskij, giudicava a scansione musicale “cinematografica” e di una Compagnia che apprezzano e frequentano stelle come Natalija Osipova e Diana Višneva.
Chiara Castellazzi