Non è immediata l’associazione fra un garbato signore dallo sguardo profondo, che solitamente indossa camicie o giacche scure senza collo ornate di sciarpina di seta colorata e fra le mani tiene uno strumento antico come la viola da gamba, e un maschiotto rude, strafottente e un po’ sporco che impugna spadoni o fruste; eppure Jordi Savall cita, un po’ furbescamente forse, proprio Indiana Jones nel raccontare come, da giovane musicista, si sentì chiamato ad andare alla ricerca di un linguaggio perduto. In effetti da circa mezzo secolo, il direttore d’orchestra, gambista e compositore catalano, va estraendo gemme musicali dagli oscuri anfratti in cui giacevano dimenticate da secoli e le riporta in vita, giocando con splendida disinvoltura fra serissima filologia e reinvenzione fantasiosa. E forse un po’ somiglia a Indiana Jones nell’irruente determinazione a infrangere le barriere che potrebbero ostacolarlo, siano esse temporali (Savall non si limita alla musica barocca, sia pure in senso ampio), geografiche (le frontiere europee non fanno per lui), di stili, generi e pratiche musicali (nei suoi programmi la divaricazione fra colto e popolare sembra puro nonsense e la parola entra spesso nei modi più diversi). La separazione più inaccettabile, raccontava poco tempo fa Savall a “France Musique”, è tuttavia quella fra dimensione estetica e spirituale: così l’arte si snatura. La musica invece è la storia viva dell’umanità, perché ci parla sempre per mezzo delle emozioni; sono queste che fanno di un pezzo di secoli fa un atto di creazione di oggi e che consentono di conservare ciò che ascoltiamo, fissandone la memoria nel nostro spirito.
Recupero filologico e invenzione, storia ed emozione sono anche gli ingredienti che hanno reso celebre Tutte le mattine del mondo, il film del 1991 di Alain Corneau che portava sullo schermo il racconto romanzato, scritto da Pascal Quignard, del rapporto fra il più noto Marin Marais, compositore e violista presso la corte di Luigi XIV, e il suo presunto insegnante nonché virtuoso e importantissimo innovatore dello strumento Sainte-Colombe, musicista severo, solitario, austero e pressoché sconosciuto al di fuori di una nicchia di esperti. Fra le ragioni del successo del film ci fu indubbiamente la smagliante e intensa partecipazione di Savall alla colonna sonora, con le poche composizioni conosciute di Sainte-Colombe accanto a quelle di Marais e altri autori quali Couperin e Rameau. A distanza di un quarto di secolo ora Savall, con il suo Concert des Nations, riporta quelle musiche in sala da concerto; e forse, a pochi anni dalla scomparsa della moglie e compagna di vita musicale Montserrat Figueras, con una partecipazione più personale alla feroce malinconia che intride certe pagine di Sainte-Colombe che, come appare nel film, rimasto vedovo si ritirò dal mondo per dedicarsi solo alla musica e comporre pagine mirabili come il Tombeau Les regrets.
Gaia Varon