Mentre banchetta nella Sala dove la «mensa è preparata», Don Giovanni servito da Leporello nel Finale dell’opera ascolta «alcuni suonatori»: come indica la partitura, sono quattro coppie di fiati, oboi, clarinetti, fagotti e corni, con il sostegno di un violoncello. Non è un’invenzione estemporanea, bensì un abile ammiccamento di Mozart a una pratica diffusa nella Vienna del suo tempo: piccoli ensemble di fiati, relativamente poco costosi, che allietavano spesso le dimore aristocratiche, ma che era facile trovare anche nelle piazze o ai matrimoni in quel secondo Settecento che Alfredo Bernardini richiama come «età dell’oro» per i fiati.
Assieme con il fagottista Alberto Grazzi, Bernardini, oboista, è il fondatore, ormai trent’anni fa, dell’Ensemble Zefiro, che di quell’epoca d’oro ripropone non solamente le musiche, ma anche gli strumenti, ben diversi da quelli di oggi, e i modi di suonare. La sfida sta ovviamente nel recuperare non tanto o non solo diteggiature, tempi e dinamiche di brani talora di un esigente virtuosismo, quanto un equilibro tutto particolare fra una concezione musicale spesso di una raffinatezza considerevole, come in quel minuto capolavoro che è la Gran Partita di Mozart, e la vocazione fondamentale che avevano gli ensemble di fiati di allora, di dilettare e intrattenere pubblici anche molto diversi affidando all’aria insufflata nei loro strumenti il compito di suscitare gioia e mestizia, malinconia e spasso.
Fino a noi sono arrivati del resto gli spartiti delle molte composizioni originali per le Harmonien, come erano chiamati a Vienna i gruppi di soli fiati, e anche un bel numero di trascrizioni, che tuttavia rappresenta solo una piccola parte della miriade di arrangiamenti, spesso confezionati su misura per i singoli strumentisti, che costituivano il cuore della loro pratica esecutiva e che in alcuni casi sono anche una cartina al tornasole della popolarità di altre composizioni. Durante la cena di Don Giovanni, Mozart affida ai musicisti in scena, accanto a citazioni di altre opere in voga allora nella capitale austriaca, anche un’autocitazione, la rielaborazione dell’aria “Non più andrai, farfallone amoroso” dalle Nozze di Figaro, che in effetti avevano riscosso un successo notevole e di cui circolarono rapidissimamente un gran numero di rimaneggiamenti. L’Ensemble Zefiro proporrà però al pubblico torinese (mercoledì 30 gennaio, Conservatorio, ore 21) non una trascrizione d’epoca, bensì degli arrangiamenti delle Nozze di Figaro preparati da Bernardini, un gesto propriamente filologico in quanto consente di operare sugli originali mozartiani come una Harmonie di allora, approntando una veste che tiene conto delle specificità di ciascun componente dell’ensemble.
La relazione con il pubblico è in realtà fra le questioni più spinose per i musicisti che affrontano questo genere di repertori con l’approccio cosiddetto storicamente informato, giacché non si possono ricostruire le orecchie di un ascoltatore settecentesco, noi abbiamo inevitabilmente tutt’altra esperienze di suoni, e le sale da concerto in cui oggi ascoltiamo quelle musiche, con le loro abitudini, il buio, il silenzio, gli applausi, nulla hanno a che vedere con i pasti dei pari viennesi di Don Giovanni o con chi ascoltava le Harmonien nelle feste di nozze. Per quanto accurate siano dunque le ricostruzioni musicali ed esecutive, l’esperienza di ascolto è comunque altra e molti gruppi cercano di ricostruire per altre vie una nuova forma di prossimità fra esecutori e ascoltatori.
I musicisti più giovani, che ereditano i risultati di un lungo processo di ricerca delle generazioni che li hanno preceduti e imparano dunque con una certa ovvietà a usare budello e trattati d’epoca, possono giocarsi la combinazione fra impeccabile perizia esecutiva e leggerezza scanzonata, come fanno i bravissimi 4 Times Baroque (che saranno a Torino il 21 gennaio, Teatro Vittoria ore 20), un quartetto di flauto, violino, violoncello e clavicembalo. Fondato nel 2013 da quattro musicisti tedeschi, 4 Times Baroque è stato premiato già in quello stesso anno e sta mietendo da allora successi in giro per l’Europa, sostenuto anche, dal 2017, da EEEmerging (Emerging European Ensembles, un progetto dell’Unione Europea).
Se c’è un tratto che caratterizza, fin dalla fase pioneristica, la prassi esecutiva d’epoca è aver rinunciato a una serie di ammorbidimenti, più caratteristici dello stile romantico che di quelli precedenti, che smussavano i contrasti dinamici e talvolta ritmici: i 4 Times Baroque fanno risuonare Vivaldi e Sammartini, ma anche Corelli o Händel, con un piglio lontanissimo dai languori di statuine di porcellana e altalene alla Fragonard, ma senza mai perdere quella grazia sorridente.
Gaia Varon