All’Unione Musicale torna il pianista Pietro De Maria, grande interprete di Chopin (lo ha inciso per intero), Bach (ha eseguito tutto il Clavicembalo ben temperato e le Variazioni Goldberg), Mendelssohn. Quello da lui proposto è un programma tanto complesso quanto invidiabile. L’obiettivo finale? Niente meno che eseguire l’integrale delle Sonate di Beethoven. Un progetto ambizioso, e un ottimo modo per rendere i dovuti omaggi al compositore tedesco, il cui anniversario è stato funestato dagli effetti della pandemia.
In cartellone ci sono due recital: mercoledì 19 maggio e mercoledì 7 luglio (sempre alle ore 20 presso il Conservatorio di Torino).
Ne parliamo con il maestro De Maria.
Si è appena concluso l’anniversario della nascita di Beethoven. Spesso le ricorrenze di grandi personaggi costituiscono un’occasione per riscoprirli, per rivalutarli. Qual è il suo rapporto con Beethoven? È sempre stato uguale o ha subito un’evoluzione?
«Con il passare degli anni il mio rapporto con Beethoven è sicuramente cambiato. Ciò è dovuto non solo alla pratica, ma al fatto che noi cambiamo costantemente e siamo il risultato di tutte le esperienze di vita che facciamo»
Il programma da lei proposto è quanto mai impegnativo. La sua preparazione ha necessitato di uno sforzo particolare, pensando ad esempio alla sua incisione dell’integrale di Chopin, o ha invece richiesto meno fatica del solito?
«L’impegno principale, sia con Chopin che con Beethoven, è quello di riuscire a leggere il testo come se fosse la prima volta, di riscoprirlo come nuovo, cercando di togliere la patina di una certa tradizione. In questo senso mi piace paragonare l’interprete ai restauratori dell’Opificio delle Pietre Dure e consiglio la lettura de I testamenti traditi di Kundera, dove invece c’è un interessante parallelo tra la figura dell’interprete e quella del traduttore»

Ritiene che ci siano Sonate di Beethoven che dovrebbero essere rivalutate? E viceversa?
«È sicuramente da rivalutare la Sonata op.78, eseguita molto raramente e con un primo movimento decisamente schubertiano»
E c’è un brano, in particolare di Beethoven, che non ha ancora studiato e che vorrebbe eseguire in concerto?
«A dire il vero ce ne sono molti… le Variazioni Diabelli, Variazioni op.34, Variazioni Eroica».
Ancora un accenno al suo concerto del 5 febbraio per l’Unione Musicale: l’ordine di esecuzione dei brani ha dietro un criterio o soltanto spontaneità?
«Ho cercato di proporre Sonate di epoche diverse in ogni concerto e di agire in base ai rapporti tonali fra di loro»
Se dovesse fare un collegamento tra Beethoven e un altro compositore, a chi penserebbe?
«Forse a Clementi, che Beethoven stimava moltissimo e dal quale ha preso molte soluzioni tecniche innovative»
Glielo avranno già chiesto: prima di esibirsi, segue qualche rito scaramantico?
«Nulla di particolare, se non quello di fare con calma. Arrivare un po’ di tempo prima dell’esibizione, cambiarmi senza fretta, rilassarmi. Tutto qui!»
Un’ultima domanda per salutarci. Che consiglio darebbe a chi volesse intraprendere lo studio di una Sonata di Beethoven?
«Conoscere l’autore il più possibile, senza soffermarsi su un suo determinato pezzo, con il paraocchi, ma ascoltando Trii, Sinfonie, Quartetti, e ovviamente leggere e informarsi al massimo!»
Alberto Brunero