I Solisti Aquilani e il valore salvifico della musica

Con il concerto di domenica 20 maggio (Alba, Auditorium Fondazione Ferrero, ore 16,30) l’Unione Musicale festeggia i 50 anni di attività dei Solisti Aquilani: un traguardo rilevante per una formazione che ha all’attivo oltre seimila concerti sia in Italia – nelle città italiane emblema di musica e di cultura come Roma, Milano, Venezia, Napoli, Ravello, Genova, Palermo – sia all’estero, dove è costantemente ospite delle più importanti società concertistiche e ai festival internazionali più prestigiosi.

La storia dei Solisti Aquilani è assolutamente originale nel panorama musicale italiano perché presenta un sapiente equilibrio tra attività internazionale – con concerti in tutto il mondo insieme ad artisti più come Mischa Maisky, Vladimir Ashkenazy, Jean Pierre Rampal, Krzysztof Penderecki, Hermann Baumann, Felix Ayo, Mario Brunello, Giovanni Sollima,  Severino Gazzelloni, Dee Dee Bridgewater, Salvatore Accardo, Renato Bruson, Luis Bacalov, Michele Campanella, Ramin Bahrami… – e attenzione al territorio, con tanti concerti realizzati nei piccoli comuni dell’Abruzzo.

L’attività e l’apprezzamento ricevuto ovunque dai Solisti Aquilani ha contribuito in modo determinante all’affermazione dell’immagine dell’Abruzzo come una regione vivace e feconda. Infatti la formazione ha «tra le proprie specificità – afferma il direttore artistico, Maurizio Cocciolito – la promozione e la valorizzazione del territorio che li rappresenta e che loro si sentono di rappresentare. Dopo il terremoto del 2009 non si è trattato più, solamente, di rappresentare una città e la sua provincia ma, operazione ben più complessa e necessaria, di aiutare questo territorio a recuperare una identità resa fragile e precaria, rafforzare il senso di appartenenza, ritrovare la forza della serenità e del pensiero positivo. Tutto, inevitabilmente, attraverso la metabolizzazione del dolore e della paura…».

In una circostanza tragica come quella vissuta dalla città dell’Aquila la musica, sottolineano I Solisti Aquilani, «diventa un mezzo quasi “salvifico” attraverso il quale ritrovare una identità, recuperare la storicità di una tradizione tra le più illustri di questo Paese, attualizzare linguaggi e comunicazione. […] La musica traduce la bellezza e può salvare gli animi lacerati, rimarginare le ferite più profonde rendendo più leggera il segno di ogni cicatrice. Quella purtroppo rimane, insieme al ricordo, alla memoria storica, ma può tradursi in forza rigenerata, orgoglio territoriale, senso di appartenenza. Può diventare persino nuova linfa vitale, ritrovata felicità».