«La musica è comunicazione»
Intervista a Bomsori

Bomsori Kim, per i media Bomsori e basta, non ha ancora compiuto trentadue anni ma in bacheca ha già un cospicuo campionario di riconoscimenti conseguiti, tra il 2010 e il 2016, in alcune grandi competizioni violinistiche internazionali: dal “Sibelius” al “Reine Élisabeth”, dal “Caikovskij” al Wieniawski” passando per l’ARD di Monaco e il concorso di Montreal. Fa parte, dunque, di quella non sottile schiera di talenti sudcoreani (qualcuno ricorderà il recital torinese recente del pianista Seong-Jin Cho, per esempio) che va stupendo il mondo da qualche tempo…
«Sono molto felice – spiega Bomsori – del fatto che gli artisti del mio Paese abbiano finalmente ampie opportunità per mettersi in evidenza, non soltanto sulla scena musicale classica ma, più in generale, in un ambito culturale senza frontiere. Il K-pop (termine con il quale si indica la musica popolare coreana, molto di moda oggi anche grazie ai social; n.d.r.), gli spettacoli teatrali e i film che nascono in Corea oggi circolano anche in Occidente e riscuotono consensi; questo dato, come coreana e come artista, mi rende orgogliosa».

Sono gli effetti positivi del mercato globale, dirà qualcuno…
«La diffusione planetaria di internet permette a quasi tutte le persone di avere accesso alla cultura in modo equo. Ne consegue, per esempio, che abbia meno senso oggi, parlando di musica e di musicisti, fare riferimento alle cosiddette “scuole nazionali”. In un certo senso, è un peccato che questo o quel particolare stile interpretativo perdano di connotazione e specificità, ma in compenso aumentano le chance di visibilità per i giovani artisti. Anche questo spiega l’esplosione di tanti nuovi talenti asiatici».

Bomsori, che si è formata a Seoul e perfezionata alla Juilliard (a proposito di globalizzazione…), suonerà al Conservatorio Giuseppe Verdi il 1 dicembre, per la prima volta a Torino, ospite dell’Unione Musicale. Con lei, al pianoforte, Julia Okruashvili, sua partner collaudata.

«La musica è armonia e comunicazione. Per rendere lo spirito di un brano non ci si deve limitare a suonare ogni nota correttamente ma occorre intendere la performance come una conversazione, come uno scambio di idee col partner che appaia sempre spontaneo. Con Julia è così. Questo è l’aspetto più difficile, eppure divertente, del fare musica d’insieme. Anche quando suono con l’orchestra, mi piace privilegiare questo approccio cameristico, dando importanza al dialogo e alla capacità di ascoltare l’interlocutore».

Tre gli autori in programma a Torino: Beethoven, Szymanowski, Wieniawski. Cominciamo dal più classico dei tre, celebrato attraverso la proposta della Sonata op. 24 “La primavera”
«Questo appellativo e l’incipit soave inducono spesso a credere che si tratti di una sonata leggera, nell’impianto e nelle atmosfere. Bè, io non credo sia affatto così, sotto il profilo delle dimensioni e non solo. Ai miei occhi, del resto, la primavera stessa, intesa come stagione è un concentrato di energia…».

A proposito, il suo nome, tradotto dal coreano, evoca proprio un “suono di primavera”…
«Me l’ha dato mio nonno, è un nome decisamente poco diffuso nel mio paese. Io sono nata d’inverno, in realtà, nella stagione più fredda dell’anno. Quel nome, Bomsori, sottende la speranza di ritrovare calore e vitalità. Spero che gli ascoltatori colgano l’energia positiva e il senso di fiducia che percorrono anche questa Sonata. Beethoven la scrisse che era già quasi sordo ed è stupefacente, in effetti, scoprire ogni volta quanto sia grande la potenza che emana».

Andiamo avanti: Notturno e Tarantella di Szymanowski fanno pensare al suo amore per il canto e per la danza, dichiarato più volte ed espresso attraverso il violino…
«Credo che la danza e il canto includano l’essenza della musica. La Tarantella di Szymanowski ha un’energia sorprendente. Riesce sempre a coinvolgere il pubblico e a trasportarlo in una dimensione speciale per la notevole invenzione armonica, per la ricchezza delle idee musicali ma, soprattutto, per quella carica ritmica così evidente».

Anche nel suo primo cd per la Deutsche Grammophon, etichetta che nove mesi fa l’ha messa sotto contratto esclusivo, Bomsori ricorre volentieri al tratto danzante oltre a concedere spazio virtuosistico importante alla produzione di Wieniawski…

«Wieniawski è stato un violinista leggendario ed è una fortuna, per noi, aver potuto ereditare le sue incredibili composizioni. La sua musica è piacevole non soltanto per gli ascoltatori, ma anche per gli esecutori. Wieniawski sapeva sempre esattamente cosa voler esprimere attraverso il violino e conosceva ogni mezzo per rendere il messaggio efficace. Suonandolo, si apprezza a fondo la sua audacia tecnica e ci si sente felici nel condividere il senso di libertà che quella musica sprigiona».

Torino, per Bomsori, non può essere una città qualsiasi, trattandosi del luogo in cui è stato costruito il violino che adopera, un Giovan Battista Guadagnini messole a disposizione da una fondazione coreana. Con quello strumento, la solista si aggira in repertori talvolta inconsueti, a testimonianza di una proficua curiosità d’interprete…
«Per me, il mondo è pieno di musica e cultura ancora da scoprire. Il fatto che mi si offra la possibilità di esplorarlo, dunque, è un dono esclusivo. Alcuni dei miei colleghi preferiscono concentrarsi sul repertorio di un determinato periodo storico oppure su certi compositori specifici, che certamente anche io amo. La mia scelta, però, è quella di dedicarmi anche ad autori meno noti, affrontando – se capita – nuovi brani: questo mi aiuta a crescere come persona e come musicista. Di recente ho registrato il Concerto di Nielsen: scoprire un compositore, conoscerlo da zero, imparare il suo linguaggio è stato come compiere un viaggio. Quando ho suonato Nielsen davanti al pubblico danese, con un’orchestra danese (la Danish National Symphony, diretta da Fabio Luisi; n.d.r.), mi sono sentita vicina a quel mondo, connessa con la gente. Comprendere le persone attraverso la musica è un privilegio concesso agli artisti».

Stefano Valanzuolo