Qualcuno, forse, ha ancora negli occhi e nelle orecchie l’immagine trasgressiva da enfant terrible con la quale il giovane Ivo Pogorelich, all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, irruppe prepotentemente sulla ribalta internazionale. Be’, quello che tornerà ad esibirsi a Torino il prossimo 27 novembre, dopo ben sedici anni di assenza dalla città, è per molti versi un pianista differente. Più meditativo, maturo, appagato. Banale no, però: uno come Pogorelich non riuscirà mai ad esserlo. Diciamo, piuttosto, che l’attenzione da sempre maniacale rivolta al suono ha portato il pianista a conseguire, col tempo, risultati via via più interessanti sul piano interpretativo, liberando l’approccio da una certa ansia agonistica non sempre condivisibile.
Significativo è il fatto che tra il 1983 e il 2003, Pogorelich abbia suonato a Torino, per l’Unione Musicale, sette volte; poi più nulla, fino ad oggi. La cosa testimonia della sollecitudine con la quale il pianista, dopo anni di frenetica e fortunata attività, abbia inteso rimodulare il proprio rapporto con il pubblico (quello di tutto il mondo, si capisce) e con lo strumento, incrementando il senso di ricerca e di attesa intorno alle proprie performance che, in ogni caso, non hanno mai smesso di connotarsi per una certa preziosa aura aristocratica. Allo stesso modo, Pogorelich è tornato ad esplorare il versante discografico regolarmente solo nel 2015, dopo un lungo blackout motivato da ragioni personali ed esigenze di studio.
A proposito di dischi, alcune delle pagine che il sessantunenne pianista nato a Belgrado proporrà nel prossimo recital hanno fama di veri e propri cavalli di battaglia eseguiti volentieri dal vivo e in studio. Parliamo, per esempio, della Suite Inglese n.3 di Bach, incisa più di trent’anni fa, e ammirevole per il tocco personale, l’uso del “rubato”, le dinamiche scelte con atteggiamento compiaciuto, eppure suadenti. Anche Gaspard de la nuit si colloca tra le cose migliori di Pogorelich, se non altro per la ricerca e il dosaggio dei colori felicemente perseguiti. Beethoven (di cui, a Torino, sarà ripresa la Sonata op. 22) è un altro autore che ha scandito la carriera di Pogorelich in vari momenti fatidici: due sonate beethoveniane, non a caso, figurano anche al centro del più recente progetto discografico del pianista, a conferma di un interesse mai sopito per il repertorio specifico. In locandina troviamo infine Chopin (Barcarolle op. 60, Prelude op. 45), a lungo eseguito in maniera prepotentemente personale, rifuggendo ogni enfasi salottiera, quasi per sfida nei confronti dell’ovvio.
Come dicevamo, nulla o quasi di quello che fa Pogorelich, è normale. Altrimenti, nell’ormai remota finale del Concorso Chopin di Varsavia, anno1980, la divina Martha Argerich non avrebbe mai esclamato, dopo averlo sentito suonare: «Quest’uomo è un genio!».
Stefano Valanzuolo