«Canto i prologhi di Monteverdi, Caccini, Cavalli, Scarlatti: musica bella ed effimera»
Intervista a Francesca Aspromonte

Il Sole 24 Ore l’ha recentemente definita «prodigiosa e incantatoria». Ha soltanto ventisette anni, ma ha già raccolto i primi successi con stile luminoso e consapevolezza stilistica e retorica tra Carnegie Hall, Wigmore Hall, Musikverein e Teatro La Fenice. È il soprano Francesca Aspromonte che mercoledì 27 febbraio debutta a Torino con un concerto in Conservatorio per la stagione dell’Unione Musicale.
Insieme all’ensemble barocco Il pomo d’oro, guidato da Enrico Onofri, darà voce ai personaggi allegorici protagonisti di alcuni prologhi di opere del Seicento musicale italiano. Dalla Musica del prologo dell’Orfeo di Monteverdi, alla Tragedia di quello dell’Euridice di Caccini; da Iride nella Didone di Cavalli alla Pittura del Palazzo di Atlante di Rossi; passando per la Gloria Austriaca del Pomo d’oro di Cesti e per la Venere della Rosaura di Scarlatti: un valzer di allegorie che spesso magnificano sé stesse e che preparano il pubblico all’intensità delle emozioni che li attende con l’avvio dell’opera vera propria. Anche se in questo caso l’opera non comincia mai, ma ogni allegoria lascia il posto a quella successiva, in un programma erudito che Aspromonte ha appena inciso nel suo primo disco da solista, non a caso dal titolo Prologue.

Quando è scattata la scintilla per la musica? E per il barocco?
«In casa mia si suonava e cantava sempre. Da dilettanti e autodidatti tutti si dedicavano alla musica, specie a quella popolare. Possedevamo anche una tastiera: da bambina cominciai a metterci le dita sopra e presto iniziai a studiare il pianoforte. Con le mie mani minute mi sentivo un po’ impacciata e passai al clavicembalo che ha tasti molto più piccoli. È così che mi sono avvicinata al barocco».

Come è nato questo programma?
«Il prologo è quel momento che una volta finito nessuno ricorda più, perché la trama che viene raccontata nelle successive tre ore o più di musica procede per conto proprio. L’impatto dei prologhi è quindi molto forte, ma effimero. Ho scelto questo programma per il disco e per il debutto a Torino anche perché la mia prima opera importante è stata l’Orfeo di Monteverdi, in cui interpretavo proprio la Musica del prologo. Essendomi poi imbattuta in tanti titoli coevi che nella maggior parte dei casi si aprivano con musiche bellissime, mi è sembrato interessante accostare le pagine più belle ad alcune meno conosciute».

Quale prologo le ha dato più soddisfazioni vocalmente?
«Il prologo dell’Eritrea musicalmente è molto affascinante e Cavalli era un maestro nel comporre per le voci. Ha una scrittura comoda, cantabile e completa, pur essendo stato scritto solo nel 1652».

Curiosità su uno di questi prologhi in particolare?
«Quello di Stradella: è un prologo che non precede nessuna opera. Ha la struttura e l’argomento della cantata da camera con recitativi e pezzi chiusi e fa parte di una serie di introduzioni che l’autore scrisse in modo interscambiabile, per aprire ora questa ora quella opera teatrale, non necessariamente musicale».

Edoardo Pelligra