In un orario ferroviario del 1862 si legge che gli orologi delle ferrovie del Governo, della Lombardia e dell’Italia Centrale erano regolati al tempo medio di Torino; quelli delle linee Venete al tempo medio di Verona, in ritardo sul primo di 13 minuti; quelli delle ferrovie Livornesi al tempo medio di Firenze, in ritardo di 15 minuti rispetto a quello di Torino. Come si vede, il tempo è un concetto variabile, e soprattutto relativo. Per Tizio trenta minuti di musica possono sembrare pochi, per Caio perfino troppi, per Sempronio invece un’equa misura.
La scommessa del progetto Short Track (primo appuntamento sabato 10 novembre, Teatro Vittoria, ore 17.30-18.30-19.30), promosso dall’Unione Musicale per il secondo anno consecutivo, è che trenta minuti sia invece proprio il tempo giusto per avvicinare alla musica un pubblico nuovo e diverso da quello che frequenta la sala da concerto. In trenta minuti si possono scoprire molte cose, per esempio che quella specie di ronzio impazzito che ogni tanto spunta dalla suoneria di un cellulare è una musica scritta da un signore russo per un’opera intitolata La fiaba dello zar Saltan, oppure che il flauto è uno strumento anche molto costoso, se è costruito interamente in oro, e certamente non facile da suonare, se prima non si è imparato a soffiare nel buco come in un collo di bottiglia.
Insomma, sono trenta minuti per togliere alla musica cosiddetta classica quella patina di alterigia e di formalismo che molte persone, specie le più giovani, avvertono come un ostacolo insormontabile per varcare la soglia di una sala da concerto. Non è soltanto questione di format, naturalmente, ci vogliono anche altri ingredienti per far lievitare il progetto: musicisti aperti e disponibili, un luogo e un orario adatti, un mediatore culturale capace di tradurre in parole semplici e amichevoli concetti anche complessi.
Infine, e questo non bisognerebbe scordarlo mai, bisogna credere nel fascino della musica, che quando parla in maniera viva e sincera è capace di raggiungere anche il cuore più ottuso. Short Track, insomma, è un investimento sul futuro, un po’ d’acqua versata su un seme forse pronto a germogliare. A questo progetto, in definitiva, si potrebbe applicare la massima usata da Anton Webern per dedicare la partitura delle Sei Bagatelle per quartetto d’archi op. 9 all’amico Alban Berg, “non multa sed multum”.
Oreste Bossini