Da “fuori i secondi!” alla “primissima linea”. Sta in questo scarto tutto interno all’Unione Musicale la dinamica della carriera di Daniil Trifonov: debuttò a Torino appena ventenne alla fine del 2011 in una piccola e originale serie di concerti – Fuori i secondi!, appunto – realizzati da interpreti accomunati sì dal talento, ma in quel contesto in special modo dalla mancata vittoria a uno dei concorsi di riferimento. Arruolato in quel novero per un terzo posto al “Chopin” di Varsavia, nel frattempo, tra scrittura del contratto e concerto, Daniil si aggiudicò sia il “Čajkovskij” di Mosca sia il “Rubinstein” di Tel Aviv, scalando a passi da gigante il ranking internazionale. Sicché, da allora ad oggi, lo vediamo passare dalle “retrovie”, per così dire, al concerto inaugurale della nuova stagione.
Di questo venticinquenne russo – nato a Nižnij Novgorod, 400 km a est di Mosca, come Vladimir Aškenazi – raccontano il carattere timido e facilmente emozionabile fuori dal palco, ma sulla tastiera è concentratissimo: «Durante l’esecuzione tutto avviene nel tempo presente, essere sintonizzati con questo presente fa sì che quanto è stato preparato e provato venga alla luce». L’aspetto mentale si combina con una certa maniacalità per l’aspetto ergonomico, cui contribuisce la passione per la fisica; escogita così nuovi modi di esercitarsi, come per esempio diteggiare… in piscina: «In acqua c’è più resistenza, sicché mezz’ora di esercizi in vasca rende più flessibile la muscolatura e questo incrementa molto la qualità del suono». Il risultato è stupefacente, un tocco sempre ponderato in tutte le sfumature, a rendere con nitore e precisione l’interpretazione, evidentemente studiata con profonda dedizione.
L’aspetto mentale è ed è stato fondamentale anche per un’altra artista, Kyung-Wha Chung. La violinista sudcoreana (sorella maggiore del direttore d’orchestra Myung-whun), in carriera dal 1967 dopo la vittoria all’Edgar Leventritt Competition, dopo una trentina di album e quarant’anni di concerti ai massimi livelli – cinque le apparizioni all’UM tra il 1987 e il 1998 – subì nel 2005 un forte deterioramento alle articolazioni delle mani, peggiorato da una cura rivelatasi controproducente. Incidente fatale per qualunque musicista, lei, prossima ai sessant’anni, decise di ritirarsi dalle scene per dedicarsi all’insegnamento (alla Juilliard) e per stare vicina ai due figli. Eppure la rinuncia, il vuoto creatosi nella sua vita, è servito per riconquistare un nuovo equilibrio: «Fino a 35 anni ambivo a carriera e successo. Oggi vivo per i miei figli, voglio che siano orgogliosi di me come mamma». I concerti sono passati da 120 all’anno a 40, selezionatissimi. Molti di questi in duo con Kevin Kenner, con cui ha iniziato a lavorare quando ha ripreso a suonare in pubblico, nel 2010. «Sembra molto più tempo – dichiarava già qualche anno fa – ora siamo una voce sola. È un partner perfetto: maturo, puro come un bambino, molto intelligente e riflessivo. L’esatto contrario di me!».
Simone Solinas