Di lui il Washington Post ha scritto che «ha un suono della stessa consistenza del caramello» e sa farsi seguire dall’orchestra «come l’alone intorno alla fiamma di una candela». E in effetti, ascoltando Kian Soltani, astro nascente del violoncello, si resta incantati dal calore e dalla spontaneità con cui approccia lo strumento. Che si tratti di virtuosismo vorticoso o dell’intimità di una frase lirica, tutto fluisce con quella naturalezza e quella presenza scenica che sono la cifra dei grandi interpreti.
Sarà Soltani, in duo con il pianista Aaron Pilsan, il protagonista del concerto proposto dall’Unione Musicale mercoledì 12 febbraio (ore 21) nel Salone del Conservatorio. Il programma, molto vario, spazia da Beethoven a Stravinskij.
Classe 1992, austriaco ma con origini persiane, il violoncellista è già di casa in alcuni dei templi della musica mondiale, sia come solista (insieme con grandi orchestre) sia in formazioni da camera. Basta dare un’occhiata al calendario dei suoi prossimi impegni per intuirne la caratura. A Torino Soltani arriverà subito dopo un’intensa tournée statunitense (con tappa al Kennedy Center di Washington). Poi il viaggio proseguirà toccando, tra l’altro, la Konzerthaus di Berlino, la Queen Elizabeth Hall di Londra e, a marzo, il Teatro alla Scala di Milano.
Per l’Unione Musicale, il duo Soltani-Pilsan è una novità. E d’altronde il percorso artistico di questi due interpreti li rende affini alla sensibilità di un’istituzione che ha fatto della musica da camera il suo punto di forza. Soltani, dicevamo, veste con disinvoltura tanto i panni del solista quanto quelli del camerista. Per dire, il 21 febbraio, a San Gallo (Svizzera) si cimenterà nel Concerto di Dvořák (vertice assoluto del virtuosismo, considerato tra le prove più ardue nel repertorio per violoncello), ma, poche sere più tardi, a Londra, eccolo impegnato in due quartetti con pianoforte (Richard Strauss e Brahms). Questo presuppone un’estrema duttilità e una capacità di mutare continuamente il proprio punto di vista. Come noto, la musica da camera è un crinale delicato: è questione di respiri, di cenni e di intese, o magari anche di scontri, ma sempre all’interno di una visione “orizzontale”, in cui non esistono vere gerarchie, ma soltanto guide momentanee ed equilibri che vanno continuamente ridefiniti.
Nella serata torinese, Soltani e Pilsan ci proporranno un vero e proprio viaggio nelle possibilità espressive del duo violoncello-pianoforte. Si comincia con la Suite Italienne di Stravinskij (nella trascrizione del grande violoncellista Grigorij Piatigorskij), un omaggio al Classicismo, con temi tratti da Pergolesi, ma ripensati da un genio del Novecento. Poi, una pietra miliare: la Sonata in re maggiore op. 102 n. 2 di Beethoven (un modo per festeggiare i 250 anni dalla nascita del compositore di Bonn!). La seconda parte della serata sarà introdotta da Fratres di Arvo Pärt, proposto in una delle tante versioni possibili e sempre affascinante per il senso di sacralità che sa evocare. In conclusione, la Sonata in la maggiore di César Franck (trascrizione della Sonata per violino e pianoforte). Davvero un caleidoscopio di idee ed emozioni. E un banco di prova per la sensibilità dei due interpreti, da tempo abituati a suonare insieme.
Contemporaneo, spiritoso ed esuberante, in una videointervista a Violin Channel Soltani ha dichiarato di amare il cinema, la velocità e di essersi sentito, in certi concerti, quasi una rockstar. Ma tutto questo non gli ha fatto dimenticare le radici, poiché da sempre, accanto al repertorio classico occidentale, la musica persiana è per lui fonte di ispirazione. Lo testimonia il suo primo disco, dall’emblematico titolo Home, inciso non a caso in duo con Pilsan: vi troviamo Schubert e Schumann, però anche composizioni di Reza Vali e un brano scritto dallo stesso Soltani: la Danza persiana del fuoco, che fa pensare alle antiche pratiche dello zoroastrismo.
Lorenzo Montanaro