Uto e Andrea: un’intesa imprevedibile

Un concerto di Uto Ughi e Andrea Bacchetti comincia ben prima dell’inizio della musica. È sufficiente, infatti, leggere i loro nomi appaiati nella locandina perché si desti la sorpresa e la curiosità del pubblico, visto che da molti punti di vista si tratta di uno degli incontri più imprevedibili della scena musicale odierna. Uto Ughi, in effetti, incarna in maniera carismatica un modello ortodosso di interprete che Andrea Bacchetti, nel corso della sua brillante e precoce carriera, ha trasgredito a volte in maniera clamorosa. E non parliamo soltanto della sua candida disponibilità a comparire nel salotto trash televisivo di Piero Chiambretti, ma anche della sua apertura senza preclusioni verso artisti di matrice eterogenea, accompagnando per esempio al pianoforte le canzoni di Antonella Ruggero con la stessa finezza espressiva riversata in una Sonata di Scarlatti o in un Concerto di Bach. Insomma, sarebbe logico aspettarsi che un artista come Uto Ughi, protagonista di feroci polemiche con Giovanni Allevi e paladino della tradizione classica contro ogni forma di cross-over, non vedesse di buon occhio un musicista così poco ingessato come Bacchetti, e per di più così legato a uno dei protagonisti della musica avant-garde qual è stato Luciano Berio. Invece i grandi musicisti, specie quando hanno un’istintiva sensibilità per il colore del suono come nel caso di Uto Ughi e di Bacchetti, non hanno difficoltà a superare le divergenze di opinione e le differenze di carattere, e a suonare insieme volgendosi con la massima naturalezza verso la stessa direzione. La corrispondenza stilistica di questi due artisti, in fondo, non è per niente sorprendente. Entrambi sono stati dei talenti precocissimi, respirando l’odore del palcoscenico fin dalla più verde età. Uto Ughi può addirittura vantare come maestro un leggendario musicista come George Enescu, violinista pianista e compositore di valore assoluto, ma soprattutto un legame diretto con il mondo musicale dell’Ottocento e con la grande tradizione romantica. Andrea Bacchetti, invece, ha fatto in tempo a far tesoro dei consigli di pianisti come Nikita Magaloff e il vecchio “Miecio” Horszowski, che da enfant prodige era finito addirittura in una poesia di Gozzano. Un episodio, raccontato dallo stesso Bacchetti, mette in luce questa radice poetica del suo mondo sonoro. Dopo aver ascoltato i suoi Six Encores, Berio disse a Bacchetti che li suonava in maniera troppo romantica, e che avrebbe dovuto ristudiarli da capo. Inutile aggiungere che in seguito Bacchetti è diventato il campione riconosciuto della musica di Berio. Non stupisce quindi il recente sodalizio tra Uto Ughi e Bacchetti, che ha preso il posto di Alessandro Specchi, storico partner del violinista, un’intesa fiorita sul terreno di un ideale umanistico della musica e dell’arte che li accomuna in maniera più profonda delle superficiali differenze di stile e di costume.

 

 

Oreste Bossini