Vadim Repin e Nikolai Lugansky: due fuoriclasse aprono il 2022 all’Unione Musicale

Come in natura esistono creature che consumano in poche ore tutte le loro energie vitali, come l’efemèra, e altre che si trasformano nel tempo, come le farfalle, mostrando lati completamente diversi del loro essere, così anche nella musica troviamo artisti precocissimi che bruciano il talento in una breve fiammata iniziale e altri, invece, che sono capaci di mettere in luce aspetti sempre nuovi e di maturare lentamente verso nuove fasi della vita. Vadim Repin appartiene a quest’ultimo insieme, sfoggiando, a cinquant’anni appena compiuti, un carisma e un’intelligenza interpretativa che lo rendono forse più caro al pubblico italiano oggi di quando era un prodigioso enfant du pays della lontana e misteriosa Siberia.

Molta acqua è passata sotto i ponti da quando Repin, ancora adolescente, era stato spinto alla ribalta internazionale da Mstislav Rostropovich, nel famoso concerto di solidarietà per il popolo armeno dopo il devastante terremoto del 1988. Il fantastico violinista di allora, con una cavata potente come forse non si sentiva dai tempi di Oistrakh e una tecnica solidissima e sbalorditiva, ha compiuto nel frattempo molta strada, affrontando a volte anche periodi non smaglianti, ma crescendo costantemente come interprete.

Ascoltare Repin oggi non significa soltanto ammirare un magnifico violinista, ma anche entrare in profondità nel mondo degli autori, cogliere le sfumature nascoste nelle loro partiture e le risonanze interiori che legano lavori apparentemente lontani. Eccellente banco di prova è il concerto del prossimo 19 gennaio al Conservatorio “G. Verdi” di Torino (ore 20.30) per la stagione dell’Unione Musicale, che Repin terrà con un altro fuoriclasse della sua generazione, il pianista moscovita Nikolai Lugansky, una collaborazione tra artisti diversi eppure singolarmente complementari che dura da vent’anni.

I due Dioscuri russi, infatti, presentano un programma perfettamente bilanciato in due parti simmetriche. Nella prima vengono a galla tutte le articolazioni nervose dei ritmi impazienti del nuovo secolo con le Sonate di Ravel e Prokof’ev, che David Oistrakh volle suonare ai funerali dell’autore, mentre nella seconda parte la prima delle due virtuosistiche Rapsodie per violino e pianoforte di Béla Bartok ci ricorda quanto la musica gitana abbia influenzato l’immaginazione di Brahms nello scrivere la sua Terza Sonata per violino in re minore.

Oggi Repin ha una visione molto più ampia del suo lavoro artistico, che supera i confini dell’attività concertistica, ma si estende alla progettazione di nuove forme di inclusione e coinvolgimento delle nuove generazioni nella vita musicale, con il seguitissimo Trans-Siberian Art Festival, che ogni anno porta in una delle regioni più vitali e innovative non solo della Russia ma del mondo intero, artisti e progetti di prima qualità.

Repin ama molto l’Italia, così come la sua compagna, l’étoile Svetlana Zacharova. Spesso hanno diviso il palcoscenico dei nostri teatri con spettacoli che uniscono musica e danza: un’occasione in più per ascoltare lo splendido suono del leggendario Stradivari del 1733 appartenuto a Pierre Rode e ora nelle mani del grande violinista russo.

Oreste Bossini