La questione di come affrontare musiche nate decenni e spesso secoli fa si pone ovviamente per ogni generazione di interpreti, ma nessuna quanto quella che si affaccia oggi alla scena, e di cui l’Unione Musicale fa sfilare alcune eccellenze nella sua rassegna Young, ha avuto una così ampia possibilità di conoscere generi, stili ed esecuzioni tanto vari. I componenti del Quartetto Van Kuijk ne sono consapevoli e allegramente orgogliosi: benché il nome faccia pensare alle Fiandre, sono quattro spigliati francesi, abbastanza ironici da farsi fotografare abbigliati un po’ da dandy sui tetti o in stradine di Parigi, e sono, parole loro, ragazzi che non amano annoiarsi e perciò pescano in libertà le musiche che a loro piacciono, accostando sempre, nei programmi che portano in concerto, brani accuratamente diversi fra loro. Il 5 dicembre a Torino si misureranno dunque con la specifica eloquenza necessaria allo stile aforistico dei Cinque pezzi op. 5 di Anton Webern, e con la tersa eleganza di Mendelssohn, che nella musica fatata del terzo movimento del suo Quartetto in mi minore esige un controllo perfetto dell’arco per mantenere precisione ritmica e leggerezza; e si misureranno con lo stile più lontano, ma imprescindibile perché fondativo del genere, del secondo dei sei Quartetti op. 33 di Haydn, dove forse più che negli altri brani, avranno modo di sfoggiare le qualità lodate nelle loro esecuzioni dal quotidiano britannico “Guardian” (che ben li conosce poiché il Van Kujik è stato parte del prestigioso programma della BBC Radio 3 New Generation Artist nel biennio 2015-2017): stile, energia, senso del rischio e capacità di far sorridere la musica.
Della più nota in Italia, e a Torino in particolare, Saskia Giorgini, pianista italo-olandese poco più che trentenne, formata alla scuola di Imola e perfezionatasi al Mozarteum di Salisburgo, sono spesso descritte le mani, mani forti, mani grandi (della taglia di un guantone di baseball, scrive con ammirazione un critico statunitense). Mani che le consentono di destreggiarsi con maestria in pagine impegnative e virtuosistiche, come le Années de pèlerinage di Liszt, di cui la Giorgini esegue alcuni estratti, sempre per l’Unione Musicale, il 13 dicembre al Conservatorio, accostandole a un’altra composizione lisztiana di più raro ascolto, ma non minor interesse, la trascrizione pianistica della Danza sacra e del duetto finale dell’Aida di Verdi. Se qui Giorgini dovrà dispiegare anche la capacità di far cantare lo strumento, le sue doti poetiche di interprete serviranno ancora per i suggestivi e vari momenti musicali che trae dalla III Suite di George Enescu che sembra spingere Liszt verso Ravel.
Gaia Varon